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Recensione di Elvira Rossi

Emma Fenu, "Le dee del miele", Milena Edizioni, 2016.



Dopo la lettura de "Le dee del miele" di Emma Fenu, il primo elemento, che ha rappresentato una piacevole sorpresa, è stato lo stile di scrittura: complesso e vario, che non scade mai in un banale minimalismo. Uno stile di scrittura maturo, che ha già superato la fase di iniziazione dell’esordiente, che non è più tale. Uno stile di scrittura che ha già conquistato una sua identità, caratterizzata da un’ampiezza di forme espressive, familiari o letterarie, ma mai convenzionali; scelte lessicali accurate, mai sfarzose mai dimesse, sempre appropriate ed eleganti. Analogie, che scaturiscono con una naturalezza riservata, arricchiscono la prosa di tonalità liriche. La scrittura costituisce un elemento inseparabile dai temi narrativi e, assumendo una potenza evocativa, riesce a emozionare il lettore, quando a essere tratteggiate sono le atmosfere magiche di una cultura ancestrale, che vede la centralità della figura femminile. Un lavoro di fine intaglio è costituito dalla presenza di antiche nenie in dialetto sardo, che aggiungono note di nostalgica dolcezza. Colori, sapori e profumi di Sardegna sembrano spandersi e con continuità attraversano tutte le vicende, le impregnano dei loro umori, quasi ad avvolgerle in una magica e trasparente bolla di cristallo, come se intendessero difendere il mito dalla corruzione del tempo. La costruzione della struttura narrativa non è stata affidata a una pura successione di eventi, quanto piuttosto alla rappresentazione di varie figure femminili in una società non ancora emancipata, che mentre fissa la donna al suo ruolo di madre, le conferisce il potere e la sacralità di Dea.

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Elvira Rossi



illustrazione: Holly Sierra


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