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"Vite di Madri", recensione di Chiara Minutillo


Madre.

Non è solo una parola persa tra le pagine di un vocabolario. Un termine identificato da una mera e vacua definizione. Il suo significato non è riconducibile ad aspetti puramente fisici, tangibili.

Essere madre è un miracolo. Essere mamma è Amore.


"E quando, e se, partoriamo un figlio di carne o lo generiamo nel nostro cuore, attendendo l’esito di stimolazioni ormonali o sognando il volto del frutto delle viscere di un’altra, proveniente da un lontano angolo di mondo, ma destinato a noi, allora non siamo solo Donne – Madri, ma Mamme".


Donne che, nella fecondità dei loro ventri, danno origine a nuove vite.

Donne che, attraverso i loro seni, donano energia e alimentano speranze.

Donne che hanno generato e donne che hanno visto crollare il loro ruolo di genitrici come se fosse un castello di carte esposto a troppo vento.

Donne che, attraverso la maternità, subiscono una rinascita, svincolandosi dal bozzolo che le imprigionava e librandosi nell’aria come farfalle colorate.

Donne che sono divenute madri nell’anima, nel profondo della loro intimità.


Dodici storie di donne, diverse tra loro, ma accomunate da ferite interne che bruciano ancor più delle cicatrici che martoriano i loro corpi.

Donne che hanno deciso di raccontare e raccontarsi, che hanno coraggiosamente scelto di non tacere, di uscire dall’angolo buio in cui erano state relegate.

Donne la cui fragilità e la cui forza sono perfettamente visibili nelle loro storie, mescolandosi tra loro, come due esseri inscindibili.

Vite di Madri – Storie di ordinaria anormalità” è nato così, dalla voglia di far conoscere e di conoscersi. Dal desiderio dell’autrice di esplorarsi e di dare voce a chi, fino a quel momento, era stato costretto al silenzio.

Non è un romanzo, non è un trattato scientifico. È storia, storia vera, che penetra nell’anima, sciogliendo ogni freno, acconsentendo alle lacrime di scendere, liberatorie, empatiche.

È storia angosciosa, da cui si evince il coraggio di vivere.

È un pugno in pieno volto. È uno spasmodico crampo allo stomaco.

È arrivare all’ultima pagina con ferite che stillano sangue e gocce di pianto che, si spera, possano contribuire a lenire le ferite e sostenere la vittoria riportata da tutte quelle protagoniste rimaste anonime, con la consapevolezza di essere state, finalmente, ascoltate.


"Vi muoverete, a piedi nudi, fra frammenti appuntiti, cocci di un’anfora infranta da un moto repentino di vento, la quale, solo pochi istanti prima, sormontava il capo di un’esile figura diretta verso il fiume, nell’intento di intingere l’acqua con cui mondare le proprie ferite".


Chiara Minutillo


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