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"Vite di Madri", recensione di Maria Ausilia Gulino

Essere donna comporta anche essere figlia e madre. Di solito è così che va il mondo. Per alcune, però, la vita ha riservato delle difficoltà nel procreare, così, non potendo dare successione alla vita sono incorse in altre vie non facili e non sempre risolutive.

Emma Fenu ha raccolto la testimonianza di queste donne, che le hanno consegnato in mano un po’ della loro vita, uno stralcio della loro sofferenza, per “partorire” un libro che possa portare testimonianza a chi non è riuscito a procreare ma anche a chi ha avuto la fortuna di generare vita e di partecipare a questo evento miracoloso spesso dato troppo per scontato.

La scrittrice, in dodici racconti, dalla prosa poetica e arricchita da citazioni della Letteratura, ha raccontato quanto la forza di una donna sia talvolta invincibile. Lei che ha dichiarato di soffrire di endometriosi, lei che ama il bianco e tutto ciò che genera purezza e brillantezza, lei che ha deciso di scrivere per aiutare le altre a non sentirsi sole, rappresenta quella nicchia di persone che hanno saputo trarre dal dramma la forza e il coraggio per trasmettere bellezza con le parole e con le azioni.


Alcuni episodi sono un, cosiddetto, “calcio nello stomaco”, ma, se si impara a ingoiare e digerire, tutto può nutrire.


Ogni racconto ha poco di piacevole, perché narra di abusi sessuali, di depressione post partum, di aborto, di infertilitàsine causa e di infertilità dovuta a malattie, di prigionia interiore. Però tutto ciò non lascia spazio al vittimismo, anzi: sembra un’autocelebrazione del vivere anche quando l’esistenza è dura. Madri, ci insegna la Fenu, si può essere e lo si è sempre: lo siamo di idee, di gesti, lo siamo dei nostri genitori quando hanno bisogno di noi… E non per forza urgono legami di sangue per assomigliare a chi ci accoglie:


Mi assomigliano molto, sono tali e quali a me quando scoppiano in una risata fragorosa e poi si portano la mano sulla bocca; quando dicono «no» corrugando la fronte; quando corrono incontro alle onde del mare, nell’euforia di farsi travolgere; quando leccano il cucchiaio intriso del composto, ancora crudo, della torta margherita che attende di cuocere nel forno; quando ci abbracciamo e ci basta uno sguardo per sapere che ci apparteniamo. Per sempre.


La lettura commuove, perché chi è sterile rivive il suo “problema”, invece chi è madre si rende conto di quanto la vita sia stata benevola a farle stringere tra le braccia un corpo figlio del “sangue del suo sangue”. Se poi pensiamo a chi è madre e getta i figli nella spazzatura (come racconta spesso la cronaca nera) la rabbia assale.

Mi rendo conto solo ora che ogni nascita è un miracolo, comunque essa si realizzi:


custodire dentro di me il sangue di chi ha reso la vita è come, per una futura mamma, portare nel grembo il proprio bimbo: uno scambio d’amore.


Emma Fenu ha saputo trasformare il dolore in qualcosa di produttivo, è stata madre di quelle parole che toccano l’anima del suo lettore, che la trasformano facendogli capire quanto è importante credere nella vita intesa come miracolo e stupore.


Alla fine dei racconti è presente un dossier sulla maternità ricercata dei vip, con interviste e sondaggi su cosa comporti essere mamme attraverso la fecondazione assistita e quanto incida nel comportamento questa scelta. Chiaramente chi ha una condizione sociale più alta rispetto a chi vive in modeste condizioni finanziarie vive la questione con più leggerezza, ma anche questo può essere utile a pensare che la vita non si compra, si regala, con amore, facendo l’amore e amando Dio. Il resto viene e verrà da sé, perché in fondo si può essere madri lo stesso se lo si vuole, con la grazia di partorire gesti e azioni positive. Infatti il suo libro è un inno alla vita e all’ottimismo, attraverso il dolore dell’impossibilità.


Maria Ausilia Gulino




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