"Vite di Madri", recensione di Paola Caravante
Una scrittura che narra prima ancora di descrivere.
Le parole che assecondano nel ritmo e nello stile, storie che confinano troppo spesso con il dolore.
“Vite di madri” di Emma Fenu non è un romanzo inserito nei canoni letterari standard. E' un viaggio nel cuore della femminilità, è una architettura di storie nelle storie, dove gli eventi si fondono, senza mai confondere il lettore che 'sente' la veridicità di ogni singola narrazione.
Nel cuore del racconto si percepisce la verità della vita che ferisce, che versa lacrime, che fa salire un groppo in gola intrecciandosi al nodo primigenio dell'identità femminile: la maternità.
In questo caso, prendono corpo tra le pieghe del racconto donne che appartengono a quella minoranza, pari ad un misero venti per cento, di donne sterili. Gravidanze desiderate, volute o ripudiate, sono al centro delle dodici storie narrate. Ogni racconto è intrecciato alle citazioni di romanzi, poesie che gettano una luce diversa sul racconto stesso dove l'ipertesto svelato segna un gioco basato sulla fiducia tra l'autrice e il lettore.
Nessuna parola è lasciata al caso, ognuna è lì perché non poteva essere altrimenti. Ci sono storie che toccano i nervi scoperti, che arrivano fino al cuore, capaci di creare, grazie alla rielaborazione letteraria, un coinvolgimento sensoriale. Il dolore e la solitudine di una depressione post partum sono lì, si sono possono sentire tra le mani.
Un romanzo che è un omaggio all'universo femminile, un romanzo che è figlio di molte madri e madre devota di molte figlie. Le figure delle protagoniste sono tratteggiate, accennate ma con pennellate vivide al punto di renderle vere, confidenti, sorelle.
“Vite di madri” è una sorpresa, un colpo al cuore e un viaggio per ritrovare un'identità femminile al di là delle regole e degli schemi.
Paola Caravante