"Vite di Madri", recensione di Cristina Biolcati
“Vite di madri”, con sottotitolo “Storie di ordinaria anormalità”, è il libro della scrittrice di origini sarde Emma Fenu, attualmente residente a Copenhagen, da sempre attenta alle tematiche delle donne.
L’opera si presenta a metà fra il saggio e la raccolta di racconti,dove ogni sezione porta il titolo e le citazioni di un romanzo famoso oppure di una favola.
È previsto che il ricavato della vendita sia devoluto all’A.p.e onlus, ovvero l’associazione che si occupa di dare sostegno ed informazioni alle donne affette da endometriosi, una malattia cronica che causa, oltre a grosse sofferenze, anche l’infertilità.
In “Vite di madri” vi sono 12 storie di donne di cui Emma Fenu si fa portavoce, interiorizzando le trame e immedesimandosi in esse, senza tuttavia alterarne più di tanto lo stile e il contenuto.
In questi 12 racconti sono compresi anche quelli di più di cento donne che hanno risposto, tramite mail, all’ambizioso progetto dell’autrice – ambizioso non tanto per il contenuto, pienamente sentito, bensì per la vastità dell’evento -, ciascuna delle quali riportando la propria testimonianza a quest’opera che parla di maternità in ogni sua forma.
O meglio, di mancanza di maternità, così come è accaduto per l’autrice; un concepimento che non arriva, talvolta per la già citata endometriosi, o, ancora peggio, per una sterilità “sine causa” che sicuramente è quella che lascia sempre più sgomenti.
Sono pienamente d’accordo con l’autrice che in queste pagine, dalla prosa impeccabile e quasi poetica, afferma che dopo un primo forte desiderio di diventare madre, legittimo ed innegabile in tutte le femmine, una donna non fertile sappia reagire e farsene una ragione.
Così come non basta portare in grembo una creatura e darla alla luce per poter affermare di essere madre – e i recenti casi di cronaca nera ce ne danno conferma -, è altrettanto vero che esistono diversi modi di esserlo. E specialmente chi scrive, trova il suo appagamento altrove: ecco perché affermo che, dopo questo libro, Emma Fenu in realtà sia già madre.
La maternità è un’inclinazione, un atteggiamento. È la capacità di provare empatia e di “prendersi cura di”. Quindi, paradossalmente, la si può sperimentare anche senza dare fisicamente alla luce un figlio.
“Madri di idee, di progetti, di sogni. Seni turgidi di Dee che accolgono amiche, sorelle, mariti, amanti. Madri delle proprie madri e perfino di se stesse. Capaci di far germogliare speranza e abortire fantasie, di creare dal nulla e di nutrire di sé: totalmente imperfette e per questo, così seducenti e difficili da decifrare”.
Le donne, le madri, le nonne e le figlie che popolano l’opera di Emma Fenu sono legate a doppio filo da un passato di sofferenza che le ha portate a patire per svariati motivi: aborti, infertilità, depressione post partum, abusi sessuali. Ma in comune hanno anche la positività della rivalsa. Non si sono fatte abbattere e hanno approfittato dei loro momenti di difficoltà per rinascere più forti, come araba fenice che risorge dalle sue stesse ceneri.
Il dossier finale, su come i rotocalchi “abbelliscano” la maternità e la rendano facile, passa in secondo piano. Che le attrici e le cantanti famose dichiarino che la maternità e le cure contro l’infertilità siano una passeggiata – spesso si affidano alla sola fede – è cosa che non ci abbaglia.
In realtà, il duro “mestiere” di essere madre, con tutti i dolori e le sofferenze che esso comporta, specie se ci si deve affidare alla fecondazione assistita, ce lo ha già descritto molto bene Emma Fenu, con le parole delle donne che si sono affidate a lei per narrare le loro storie. Sono parole toccanti, contenute in un’opera di catarsi e rigenerazione, che portano ad un atto di coraggio. Riconoscere la realtà, in tutta la sua spietatezza, e da lì ricominciare.
Cristina Biolcati