"Vite di Madri", recensione di Mary Skellington Greenwood
Alle volte non ci rendiamo conto che entrare nel mondo di qualcuno, non è fortuna, non è un caso. E’ un’opportunità. L’opportunità di conoscere, di andare aldilà delle apparenze. L’opportunità di guardare e non solo vedere. L’opportunità di ascoltare e non solo sentire.
È quasi un anno che conosco personalmente l’autrice di quest’opera. Mesi che ci hanno permesso di scoprirci, nutrirci, affezionarci. E di avere in comune più di quanto in realtà immaginassimo, dal solo fatto di esser donne al condividere progetti comuni.
Mi sono sempre ritenuta una persona che entra in punta di piedi nella vita delle persone: non sai mai dove tu possa inciampare, che soprammobile puoi rompere urtando il tavolino basso del salotto del cuore o fino a che punto spingerti. Urtare la sensibilità di qualcuno, involontariamente o no, è un’invadenza intollerabile. Bisogna imparare a rapportarsi con gli altri come se camminassimo sul pavimento di cristallo più fragile, silenziosamente e rispettosamente. Come vorremmo sia fatto con il nostro di cuore, muscolo meravigliosamente misterioso che alle volte batte ancora senza il nostro permesso. A volte ce lo scordiamo. Ci dimentichiamo che è lì.
Vite di madri è una raccolta di storie attuali. Di donne. Di guerriere. Di paladine della vita che non si sono arrese di fronte a niente e che hanno voluto raccontare e raccontarsi. Non è di compassione che hanno bisogno, ma di essere ascoltate. Di urlare con tutto il fiato in corpo grida di vittoria che permettono loro di ritrovarsi padrone del proprio destino, a prescindere dalla tristezza che a volte può attanagliarle. Sono umane, non accozzaglie di latta e chip emozionali. Ogni storia ha il suo senso. Il suo perché. Il suo disagio. E la propria rivalsa. Ogni storia racconta qualcosa di incredibilmente unico. Ogni storia brama di trafiggere il cuore altrui per infondere coraggio e speranza, doti che oggigiorno, sembrano essersi perse nell’etere insieme a chissà quale altra particella di materia non definita.
Storie vere. Piene di amore, sofferenza, dolore, che più che calci nello stomaco sono calci nell’anima. Per quanto ogni cosa possa fortificare, non è facile da accettare: ogni donna ha il diritto di essere tale, e in seguito madre e mamma. Partorire non solo fisicamente, ma anche mentalmente, di pancia e di cuore. Partorire figli, pensieri, parole, suoni, umori, lacrime. Nella totale libertà concessa. E soprattutto, libere di prendersi cura di sè, madri anche di noi stesse. Delle nostre gioie e delle nostre paure.
Prima o poi tutte troviamo l’antidoto giusto: per alcune è il tempo, per alcune una tela da imbrattare, per altre ancora un quaderno bianco ancora tutto da scrivere o amare una creatura non propria come se lo fosse. Scegliete per voi stesse. Le vostre vite di madri, non sono mai state tanto belle e tanto forti.
Ho la fortuna di conoscere personalmente, se pur virtualmente, l’autrice, colei che continua a stimolare il mio cervello con le sue idee e che crede in me. Una meravigliosa principessa dai fiori in testa e i tacchi alti, amica preziosa e lettrice di animi, anche di quelli più chiusi. Grazie Emma per aver permesso a me, di leggere un po’ dentro te.
Mary Skellington Greenwood